giovedì 15 ottobre 2009

Il lazzaretto dell’impunità

Da quando è partita l’ormai arcinota inchiesta di Bari nei salotti televisivi impazza il ping-pong su chi è indagato, su chi ha torto, ragione, su chi inciuciava con Tarantini per i favori a regioni e sanità. L’inchiesta di Bari continua ad essere, nella percezione comune, quella sulle escort di Silvio Berlusconi e sul gossip che si crea attorno a questa vicenda. Fare chiarezza non è mai un male, facciamola per l’ennesima volta: quando l’inchiesta si apre, si indaga su Giampaolo Tarantini, poi ribatezzato affettuosamente ‘Gianpi’, imprenditore sanitario pugliese, che per vincere appalti cerca in ogni modo di ingraziarsi gli esponenti della politica. Come? Giri di prostituzione, droga e scambi di favore, che finiscono anche a casa del Presidente del Consiglio.
Si originano vari filoni d’inchiesta inerenti la ‘Dinasty Tarantini’, dopo che nell’ultima informativa dei Carabinieri si ricostruisce tutta la vicenda del decennale regno dei fratelli Tarantini, che ereditarono la prima azienda dal padre. Nell’affaire Tarantini emergono nomi di politici da ogni schieramento dei due più influenti sul territorio italiano. Se infatti fino a ieri, l’unico senatore indagato era Alberto Tedesco del PD, da ieri il PDL non può più andare nei salottini tv e chiamarsi fuori dalla vicenda, dal momento che Raffaele Fitto, attuale ministro per i rapporti con le regioni. In verità Fitto, classe 1969, non è nuovo alle inchieste, anzi, nel 2006, la procura di Bari chiese alla Camera dei Deputati i domiciliari per il parlamentare con l’accusa di illecito affidamento dell’appalto di gestione di 11 residenze sanitarie di proprietà dell’imprenditore romano Giampaolo Angelucci, il quale a sua volta si era reso disponibile versando un finanziamento di 500mila euro per la lista di Fitto ‘La Puglia prima di tutto’ in occasione delle elezioni regionali del 2005. Per i due il versamento si trattò di un regolare finanziamento registrato a bilancio, mentre, dall’analisi delle carte, per i magistrati fu praticamente una tangente per consegnare ad Angelucci l’appalto da 198milioni di euro con cui l’imprenditore avrebbe preso il controllo delle undici cliniche ‘assistite’ della Regione Puglia. Il parlamento, ovviamente, respinse l’autorizzazione all’arresto con 457 voti favorevoli su 462 presenti. Arrivò poi, col governo Berlusconi la promozione a ministro.
Ieri il ministro Fitto è stato rinviato di nuovo a giudizio insieme ad Angelucci all’interno dell’inchiesta ‘La Fiorita’. Nei suoi confronti i pm baresi ipotizzano i reati di associazione per delinquere, peculato, concussione, corruzione, falso, abuso d’ufficio e illecito finanziamento ai partiti.


Allo stesso modo, il ministro, non dormirebbe sonni tranquilli nemmeno per quello che riguarda il cosiddetto ‘Barigate’ in cui è coinvolto anche Alberto Tedesco, assessore alla sanità della giunta guidata da Nichi Vendola, sotto accusa per presunti favori in cambio di voti. Sia Tedesco che Fitto, sono infatti protagonisti delle intercettazioni del ‘Barigate’ in cui Tedesco e Tarantini inizialmente si dividevano il mercato delle protesi ospedaliere, mentre in un secondo momento, Tarantini, volendosi accaparrare tutto lo smercio in regione, aggancia Tato Greco. Sta nascendo la Global Service Hospital (GSH), siamo nel febbraio del 2003.
Salvatore ‘Tato’ Greco, figlio di un ex senatore, consigliere regionale, ex Udc oggi Pdl, promotore della lista «La Puglia prima di tutto», che al comune di Bari ha candidato Patrizia D’Addario. Per Tarantini Tato «è comunque un personaggio». Non farà nulla nella società, «figura solamente…», e avrà una percentuale pari a un terzo. Noemi: «Quindi non ce l’ha Fitto un terzo…». Claudio: «Ha un appartamento in fitto… maledetta a te…». Conferma Gianpi Tarantini a una sua collaboratrice: «Abbiamo fatto questa società io, Claudio e un prestanome di Fitto, la società è di Fitto». Annotano i carabinieri nell’ottobre 2006 che «le aspettative riposte dai Tarantini nell’operato di Greco sono state ampiamente ripagate, avendo lo stesso diretto una regia occulta rivelatasi in grado di garantire una sempre più significativa presenza e penetrazione nel mercato in parola» (Lastampa.it – Guido Ruotolo).
Fitto, Tedesco, e altri nomi che progressivamente usciranno, legati alla politica italiana, sembrano essere parti di uno stesso sistema di scambi e favori, da cui nessuno sembra essere senza macchia, ecco perchè su questa vicenda nei salotti tv si fa del gran teatrino cercando di rimandare tutto sulla vita privata di Silvio Berlusconi, il quale non può essere estraneo a questa storia, così come non lo sono i vertici PD che promuovono Tedesco al Senato nonostante l’inchiesta in corso. Ecco come si trasforma il Senato e la Camera in un lazzaretto dell’impunità.

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