martedì 13 ottobre 2009

Insulti quotidiani del Signor Berlusconi.

di Davide Amerio

C’era una volta … Bobbio! Diranno i nostri giovani lettori.. invece no, c’era una volta, un piccolo Dittatore…

Chissà, nei libri di storia del futuro, forse inizierà così, parafrasando il Pinocchio di Collodi dei miei ricordi d’infanzia, la storia di questi anni tormentati e confusi del Berlusconismo.

So che questo termine fa sobbalzare dalla sedia i puristi della sinistra democratica; ci sono voluti decenni, prima che la storiografia riconoscesse (soprattutto a sinistra), che il Fascismo non era un sistema basato semplicemente sulla coercizione fisica (il bastone e la carota) ma un sistema di contenuti ideali ed ideologici, animatore di attese e speranze, soprattutto illusioni, propinate per mezzo della figura del capo supremo, del condottiero demiurgo che guida il popolo indicando un futuro glorioso posto dietro l’orizzonte che lui solo può vedere; e del quale, solo lui, conosce la strada per arrivarci.

Non sono tra coloro che ascrivono il Fascismo nella categoria del male assoluto, per cui tutto ciò che fu fatto, pensato, detto o prodotto era male. Perché non è vero. La storia è fatta da persone, prima che dalle ideologie, e sono le persone che, anche nell’ambito di un contesto politico illiberale ed ingiusto, possono produrre delle cose buone; così come accadde anche durante il ventennio.

Da quel periodo, e dalla disastrosa guerra che ne conseguì, nacque la Costituzione Italiana: un testo ricco di idealità per la democrazia da venire; una legge suprema scaturita da sentimenti e filosofie opposte ma che, posate per un momento le armi dello scontro ideologico, sentivano la necessità, anche a costo di qualche compromesso eccessivo, di lasciare al futuro una colonna portante attorno alla quale costruire un nuovo Stato Repubblicano e Democratico; protetto dal ripetersi degli errori nefasti del passato.

Qui abbiamo l’elemento essenziale che caratterizza, invece, il Berlusconismo: l’avversione per la nostra Costituzione e per le regole in generale.

La democrazia ha la sua debolezza nell’essere un patrimonio condiviso: non è proprietà del sovrano o delle oligarchie; è di tutti; di più ancora: necessita, per essere mantenuta in vita, di cure, dedizione, vocazione. E’ invece, nella media, illusione dell’Italiano che essa sia data per sempre, che basti a se stessa e che sia incancellabile.

Le forze illiberali e anti democratiche, presenti eccome nel nostro paese, hanno imparato dalla storia che non è il caso di usare la violenza fisica per abbatterla. La si può svuotare dall’interno, con attacchi mirati e plurimi, ai confini della legalità, e con la compiacenza ed indifferenza di un popolo che s’illude d’essere immune da ogni forma di dittatura.

Il Berlusconismo incarna al meglio questa strategia: è composto da avvocati e non da squadracce con i bastoni. Evoca a sé le illusioni più profonde di una piccola borghesia che s’immagina come salvatrice della Patria nel disprezzo delle regole; fomenta quella doppia morale, quel doppio binario, che separa i gestori del potere dal resto popolo. Una visione dello Stato nella peggiore tradizione Machiavellica, di centinaia d’anni addietro; incapace di guardare al futuro della collettività, ma solamente al proprio piccolo o grande tornaconto. Mentre definisce se stesso espressione del popolo, lo disprezza e usa la menzogna come incanto magico per porsi come il perseguitato supremo, quando non gli riesce ad oscurare la propria evidente a-moralità od immoralità con la propaganda.

L’attacco quotidiano e gli insulti, al dissenso, alla magistratura, ad ogni istituto interno od esterno che non sia accondiscendente è la sublimazione di questa arroganza di regime che fatica a consolidarsi perché, nonostante tutto, c’è chi la Costituzione l’ha letta; chi ha letto i testi dei padri nobili della democrazia e del pensiero liberale; c’è chi ha smesso di credere nei giochi di prestigio e, soprattutto, c’è un arcano principio della vita che incombe: la verità emerge sempre, per quanto la si possa seppellire nel profondo dei tribunali o delle coscienze o tra gli spot pubblicitari.

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